Trieste, città da scrivere

Qui molti autori e poeti hanno trovato ispirazione.
Forse perché è il capoluogo italiano più europeo, per storia e anima
 

«La mia anima è a Trieste». Così nel 1909 lo scrittore irlandese James Joyce sintetizzava, in una lettera alla moglie, i lunghi anni passati sulle rive
dell’Adriatico, nella città che dal medioevo e fino ad allora era asburgica, ma italianissima. Orgogliosa della sua identità e indipendenza, ma più vicina a Vienna che a Roma. Non solo dal punto di vista geografico.

Dal porto franco al futuro sostenibile
Per capire Trieste, per entrare nella sua “anima” più autentica, non si può dimenticare la sua storia: città di frontiera, ma aperta a tutti gli influssi. Non solo a quel settentrione, un po’ grigio e freddo, che dà origine alla Bora, il forte vento che è un’altra sua peculiarità, ma a tutti i quadranti. Come quella Piazza Unità d’Italia che è qualcosa di più del “salotto buono”: quasi il ponte di una nave destinata a partire o appena attraccata con un carico di prodotti esotici. E, a breve distanza, il Porto Vecchio. Creato dai sovrani austriaci come zona franca dell’impero, oggi è tra i più interessanti esempi di recupero industriale. Destinato a diventare il nuovo centro d’attrazione della città con musei, spazi pedonali, edifici sostenibili e un parco urbano immerso nel verde con percorsi ciclabili e aree all’aria aperta. Tra gli edifici già recuperati, la Centrale Idrodinamica e il Magazzino 26, nuovo polo culturale, la Sottostazione Elettrica e il Tcc, uno dei più capienti e versatili centri congressi italiani.

Il peso della storia
Basta allontanarsi solo un poco dalla riva del mare, inerpicarsi nelle strette strade medievali del Colle di San Giusto fino alla cattedrale romanica, ai resti del Teatro e del Foro Romano, per capire quanta storia si è accumulata sulle vecchie pietre del Carso, usurate dai secoli, negli edifici monumentali e nelle case più povere. Oppure, dietro il Molo Audace, dalle parti della Borsa, perdersi nei vicoli del Ghetto e percepire la presenza, un tempo numerosa, della comunità ebraica. O di quella greca e serba, testimoniate dalle rispettive chiese ortodosse. Tutti segni del pluralismo etnico e culturale che ha sempre contraddistinto la città. E qui, per forza di cose, torniamo ai libri e alla letteratura. Non solo per le bancarelle e i negozi che si affacciano sulle vie, ma, ancora una volta, per la persistenza quasi materiale dei grandi scrittori che hanno calpestato questi stessi selciati: Joyce, che passeggia ancora in effige di bronzo sul Ponte Rosso del Canal Grande, ma anche il poeta austriaco Rainer Marie Rilke e gli italiani Umberto Saba e Italo Svevo (entrambi ebrei), autori fondamentali per la nostra letteratura del ‘900.
 

Piatti di terra e di mare
La secolare tenacia degli agricoltori del Carso, territorio difficile, ha saputo esaltare alcune tipicità che sono ancora il miglior biglietto da visita gastronomico di Trieste. A cominciare dal primo piatto tradizionale: la minestra di fagioli e crauti chiamata jota. Altri prodotti caratteristici dell’altopiano sono i sottaceti e il prosciutto crudo. Quanto ai formaggi, molti non passano attraverso la pastorizzazione del latte per mantenere intatta la carica batterica ed esaltare la ricchezza botanica dei foraggi. Come il jamar, stagionato almeno quattro mesi in grotta e il monte re, ottimi con il miele di marasca. Quanto ai vini, si va dalle bollicine del prosecco, ottenute nel paese che porta questo nome dal vitigno autoctono glera, al rosso terrano all’aromatico vitovska, ricavato dall’omonimo vitigno a bacca bianca. Adatto per accompagnare i piatti di pesce, pure ben rappresentati nei menù di una città di mare. Ecco allora i caperozzoli (vongole), i pedoci (cozze) a la scotadeo e i sardoni (alici) in savor, cioè fritti e marinati con aceto e cipolla.

 

Dove dormire

In un edificio d’epoca del fronte mare, lo storico Savoia Excelsior Palace (https://collezione.starhotels.com/it/) è la sistemazione ideale per entrare subito nella lunghezza d’onda della città.

 

Dove mangiare

Un po’ fuori città, in Borgo Grotta Gigante a Sgonico, il ristorante Dom Bistrò (dom in sloveno significa casa, tel. 040327330 www.dombistro.it) propone i sapori tipici del Carso. Apparecchiati, per visite di gruppo, anche all’interno della grotta
(www.grottagigante.it).
Se si vuole restare nel cuore della città vecchia, ossia nel Ghetto, l’Osteria da Marino (tel. 040366956 www.osteriadamarino.com) propone specialità locali con ampio corredo di vini e birre artigianali.

Chicche da non perdere

• Castello di Miramare
È il biglietto da visita per chi arriva in città dalla strada costiera. Costruito tra il 1856 e il 1860 per Massimiliano d’Asburgo e la moglie Carlotta del Belgio, è un esempio di stile eclettico dell’epoca, con ancora gli arredi originali e la sala del trono, recentemente restaurata. Il parco di 22 ettari è caratterizzato da un’ampia varietà di piante di tutto il mondo scelte dallo stesso arciduca durante i suoi viaggi.

• Si fa presto a dire caffè!

Trieste è la città del caffè. Da quando, nel ‘700, diventò porto franco per l’importazione di questo prodotto e tuttora scalo più importante del Mediterraneo per il suo commercio. Dunque il caffè qui è un autentico rito, specialmente nei bellissimi locali storici come il San Marco (www.caffesanmarco.com). Per bere il caffè, bisogna però imparare un apposito gergo: l’espresso, per esempio, si chiama nero, ma che cos’è il gocciato o il capo in b? Una tabella dietro il bancone chiarirà il mistero!

• I 100 anni dell’Ulisse

L’Ulisse di Joyce, pilastro della letteratura universale, compie 100 anni proprio a Trieste, dove lo scrittore ne iniziò la stesura il 2 febbraio 1922, giorno del suo 40° compleanno. Il profondo legame tra Trieste e Joyce sarà celebrato durante tutto quest’anno con varie iniziative promosse dal Trieste Convention and Visitors Bureau. Tra le varie proposte, spettacoli, concerti e speciali itinerari tra i luoghi dello scrittore: il Borgo Teresiano, Piazza Barbacan e il quartiere Cavana, che Joyce amava frequentare e in cui si trova il museo a lui dedicato. Clou il 16 giugno, denominato Bloomsday in omaggio al protagonista Leopold Bloom, e nei quattro giorni successivi con altre iniziative anche in costumi dell’epoca.