Ma lo scherzo, vale?

Sì, soprattutto dal punto di vista psicologico e come risorsa per il futuro. Ironia e autoironia, infatti, non sono innate ma si imparano crescendo

Carnevale? Un periodo di scherzi, lazzi, travestimenti… Occasione per divertirsi, ma, per i genitori, anche uno spunto di riflessione. Quanto conta lo humour, l’ironia, la “presa in giro”, nella crescita dei nostri figli? Lo “scherzo”, o anche la semplice battuta, hanno un valore pedagogico? «Certamente il senso dello humour ha un’importanza fondamentale nello sviluppo psicologico di un bambino» sottolinea la psicologa Raffaella Bruni. «Rappresenta un patrimonio che, se coltivato fin dall’infanzia, potrà essere di grande utilità in futuro». Il motivo? «Saper sdrammatizzare certe realtà scomode, o semplicemente gli intoppi, i piccoli problemi quotidiani, è una risorsa invidiabile». Ecco perché la capacità di ridere, e far sorridere (scherzi di Carnevale inclusi) è qualcosa che non può far altro che bene.

Il lato buffo delle cose
«Acquisire la capacità di trovare anche il lato buffo della vita è un sistema per acquistare o ri-acquistare la propria autostima» dice Bruni. In altre parole prima si comincia a fare dell’ironia con i nostri figli (s’intende bonaria ironia), più saranno corazzati mano a mano che crescono. Un esempio? Il bambino che inciampa, cade (senza farsi male) e si mette a ridere (anche perché gli adulti che lo osservano ridono), riesce subito a ridimensionare l’accaduto e, nello stesso tempo, a non sentirsi psicologicamente penalizzato per la caduta. Come dire: sì sono inciampato, meglio se non fosse successo, ma alla fine la scena è stata buffa.

Il valore della risata
Ovviamente l’aria scherzosa, autoironica non s’impara da soli. «Occorre anche che gli stessi genitori sappiano prendersi in giro. Una mamma che si sbaglia e mette lo zucchero nell’acqua degli spaghetti al posto del sale e sulla sua sbadataggine si fa una bella risata manda un messaggio molto chiaro ai suoi figli. Al contrario, i genitori che “fanno un dramma” di qualsiasi inezia non trasmetteranno mai ai figli il senso dell’ironia e dell’autoironia. Infine, ricordiamoci il valore dello humour a livello di benessere psicofisico: una risata è una sorta di ricostituente quotidiano, stimola le endorfine, le molecole del piacere che sciolgono la tensione, lo stress e, a quanto dice la medicina psicosomatica, perfino i raffreddori.

E chi è permaloso?
Nonostante il buonumore dei genitori, ci sono però bambini che, davanti a uno scherzo, non si divertono affatto. Sono i più chiusi, i più introversi, i più timidi. Magari si divertono a farli, gli scherzi, ma non
a esserne l’oggetto. Come comportarsi in questi casi, soprattutto in tempo di Carnevale, quando lo scherzo è sempre dietro l’angolo? «Ovviamente bisogna procedere con cautela», suggerisce la psicologa. «Senza forzature. Se mai spiegando al bambino che se si traveste da fantasma per far paura ai compagni, dovrà aspettarsi che qualche strega o qualche mago siano in agguato per far paura a lui. Insomma, si tratta di modulare e indirizzare bene le sue emozioni, facendogli capire che lo scherzo, la presa in giro, non è a senso unico: bisogna imparare ad avere abbastanza humour per ridere anche degli scherzi di cui siamo bersaglio. Purché non trascendano mai nella cattiveria o nel sopruso, atteggiamenti che invece vanno sempre stroncati sul nascere».

Niente humour, siamo Teen

La battuta o la presa in giro che un bambino di otto, dieci anni può assorbire benissimo, diventa invece una sorta di stoccata per l’adolescente. «È un età in cui i ragazzi diventano molto permalosi: nel senso che
si prendono estremamente sul serio» spiega Raffaella Bruni. Tipico esempio? La mamma che, seppur bonariamente, ironizza sull’abbigliamento della ragazzina, sulla sua pettinatura o cose simili, va a toccare corde che per la giovane sono invece di un’importanza “vitale”: il suo aspetto esteriore e, in profondità, il suo “io” ancora fragile, ancora non ben definito.
«In effetti si tratta proprio di un momento delicatissimo in cui stanno costruendo la loro individualità: quindi, se magari possono accettare la presa in giro da parte di coetanei, non la tollerano da parte dei genitori». Allora niente humour con i teenager? «Meglio incanalare lo humour su noi stessi: soltanto così, di fronte a un genitore che sa prendersi bonariamente in giro, gli adolescenti possono imparare che l’ironia e autoironia non scalfiscono l’identità personale».